Uno dei cibi sui quali i pareri sono più controversi sono i frutti di mare, un alimento che molti noi amano e consumano abitualmente.Sussistono infatti pochi dubbi sulla necessità di consumare pesce anche durante la gravidanza, con le uniche raccomandazioni di cuocerlo accuratamente e di evitare le specie al vertice della catena alimentare, ad esempio il tonno o il pesce spada, poichè possono contenere dosi elevate di elementi dannosi come il mercurio, che si accumulano nelle loro carni man mano che si nutrono di esemplari di altre specie.
Per quanto riguarda molluschi e crostacei, tuttavia, la questione è meno chiara ed i pareri sono discordi.Innanzitutto, bisogna escludere assolutamente la possibilità di consumare questi alimenti senza un’adeguata cottura, sia durante il periodo della gestazione sia durante l’allattamento; se infatti l’abitudine di consumare pesce e molluschi crudi richiede l’adozione di alcune precauzioni in qualsiasi condizione, la gravidanza la rende completamente sconsigliabile.
Il rischio in questo caso sarebbe infatti quello di contrarre le consuete malattie trasmissibili per questa via, che tuttavia in questo caso non sarebbero “solo” dannose e fastidiose per la madre, ma potrebbero anche essere trasmesse al feto attraverso la placenta ed avere quindi conseguenze sul nascituro.
Il consumo di crostacei crudi o poco cotti espone ad esempio al rischio di entrare in contatto con il virus dell’epatite A, una malattia che colpisce il fegato. Ciò avviene in quanto i molluschi bivalve come cozze, ostriche, vongole e fasolari si nutrono filtrando l’acqua marina che li circonda; poichè questi animali sono in grado di sopravvivere anche in ambienti molto inquinati, può succedere che vengano in contatto con materie organiche che contengono il virus, “conservandolo” al loro interno e trasmettendolo quindi al consumatore umano finale.
Allo stesso modo, questi molluschi possono trasmettere virus che causano malattie gastro-intestinali, come ad esempio il Norovirus, responsabile di una fastidiosa forma di gastroenterite con sintomi come nausea, vomito, diarrea, crampi e febbre.
Durante la gravidanza la donna è poi soggetta a contrarre la listeriosi, una malattia particolarmente insidiosa che colpisce prevalentemente nel corso del terzo trimestre. Il batterio che la causa, che è stato isolato in molti alimenti tra i quali per l’appunto i molluschi, è infatti resistente anche al congelamento (tradizionalmente il miglior metodo di conservazione degli alimenti dal punto di vista igienico). Le sue conseguenze possono essere molto gravi: se nella madre i sintomi richiamano quelli di una semplice influenza (febbre, dolori muscolari e sintomi gastro-intestinali) il feto rischia la vita, o una nascita segnata da problemi respiratori e meningite.
Altri organismi potenzialmente presente in un alimento crudo, in specie nei frutti di mare, sono i bacilli della Salmonella, responsabili della salmonellosi. Questa malattia, che provoca anch’essa sintomi gastro-intestinali, si risolve in genere spontaneamente nelle persone adulte sane; tuttavia il bacillo della salmonella typhi può trasmettersi al feto attraverso la placenta e provocare conseguenze anche gravi.
Anche la toxoplasmosi, nota malattia potenzialmente molto dannosa per il nascituro e generalmente attribuita al contatto con i gatti, è in realtà trasmissibile anche attraverso il consumo di cibi crudi o poco cotti, ed i frutti di mare non fanno eccezione.
L’unica specie di mollusco per il cui consumo non sussisterebbero, almeno in linea teorica, rischi per la salute della donna incinta è il riccio di mare; questa specie infatti sopravvive solo in acque non inquinate.
La prudenza, tuttavia, ci consiglia di rimandare il consumo di queste specie di molluschi di qualche mese, fino alla conclusione della gravidanza o, ancor meglio, fino al termine dell’allattamento. I molluschi sono infatti spesso indicati come cibi fortemente allergizzanti per il neonato in fase di allattamento, dal momento che il suo sistema digerente non è ancora completamente sviluppato.
Il discorso appare leggermente diverso per quanto riguarda altri tipi di frutti di mare il cui consumo non solo non viene in genere particolarmente scoraggiato, ma è anzi consigliato da parte di diverse fonti.
Gamberi ed aragoste, ad esempio, purchè siano ben cotti non sembrano presentare particolari rischi per la donna incinta, ed anzi rappresentano una buona fonte di proteine e minerali, con un ridotto contenuto di grassi ed una elevata digeribilità. Allo stesso modo, seppie, polipi e calamari sono prodotti che, sottoposti ad un’adeguata cottura, possono essere consumati anche durante la gravidanza, ed anzi calamari, gamberi e polpi sono apprezzati per il loro contenuto di calcio. Qualche anno fa inoltre l’Università di Bristol e l’Istituto Sanitario Nazionale di Bethesda hanno pubblicato degli studi secondo i quali gli acidi grassi Omega 3, generalmente contenuti nel pesce e nei frutti di mare, favorirebbero lo sviluppo intellettivo del bambino e sarebbero addirittura correlati ad una minore incidenza della depressione post partum nella neomamma. La “Guida ad una gravidanza sana” pubblicata dalla clinica statunitense Mayo, dal canto suo, riprende le direttive della Food & Drug Administration nell’indicare addirittura la necessità di consumare regolarmente fino a tre etti e mezzo di pesce alla settimana durante la gravidanza, includendo nell’elenco dei prodotti del mare consentiti gamberi e granchi. D’altra parte, alcuni al contrario ne sconsigliano il consumo a causa di un eccessivo contenuto di sodio e colesterolo.
Adottare la massima cautela è quindi d’obbligo per le future e le neo mamme, dal momento che i pareri in materia non sono sempre concordi nel considerare sicuri e validi dal punto di vista nutritivo questo tipo di alimenti.
Nel caso in cui non si possa resistere alla tentazione di gustare queste delizie del mare, è consigliabile perciò una certa moderazione nelle quantità e nella frequenza del consumo, nonchè un’elevata attenzione al grado di cottura (che dev’essere la più completa possibile), alla provenienza del prodotto ed alle modalità di conservazione dello stesso. A questo proposito, per quanto riguarda pesce e frutti di mare il congelamento sembra essere ancora le tecnica più affidabile per eliminare eventuali microrganismi nocivi.
Anche in questo caso, tuttavia, il consiglio personalizzato del proprio medico ed il buon senso restano punti di riferimento essenziali.